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Uso scarti di lavorazione: verso un futuro ecosostenibile

L’idea di economia circolare, che a seguito di molti summit a tema ambientale si sta sviluppando, non può prescindere da un uso responsabile degli scarti di lavorazione.

L’impulso ad abbandonare un sistema economico basato sul non riutilizzo dei rifiuti, incoraggiato soprattutto dalle nuove generazioni, sta attecchendo sempre più nella nostra cultura istituzionale.

Molte sono state le azioni virtuose intraprese da alcune aziende riguardo l’assunzione di comportamenti economici ecosostenibili.

Basti pensare a chi ha deciso di installare catene di centri raccolta rifiuti, i quali premiavano tutti coloro che se ne liberavano con buoni pasto e premi in denaro.

Non meno incoraggiata, risulta la politica del riutilizzo degli scarti di lavorazione, in modo da reinserirli nel ciclo economico.

Uso scarti di lavorazione nell’industria tessile

È soprattutto nel campo dell’industria tessile che quest’idea di uso degli scarti di lavorazione viene abbracciata con grande entusiasmo.

I prodotti tessili sono i fra i più riciclabili e compostabili con cui che si possano lavorare.

Pensiamo a tessuti come Cotone, Canapa, Juta e Bambu.

Scarti di lavorazione che nemmeno immaginereste

Fermo restando che qualunque prodotto lavorato è suscettibile di produrre resti di lavorazione riutilizzabili, vi stupireste di sapere di alcuni scarti che nemmeno immaginereste:

  • Fondi di caffè: riutilizzati come fertilizzanti

  • Banane: le foglie e i germogli di questo frutto vengono bolliti nella soda, e da essi è possibile produrre kimono e accessori d’abbigliamento specifici del Sol levante

  • Ananas: dalle sue foglie è possibile ricavare una fibra molto lucente e dalla consistenza molto simile alla seta.

L'uso degli scarti di lavorazione è molto importante in un'economia di riciclo e di ecosostenibilità per l'ambiente.

La normativa sull’uso degli scarti di lavorazione

Perché ci si possa muovere agevolmente rispetto all’uso degli scarti di lavorazione, occorre farsi edotti circa una normativa piuttosto complessa e ancora in evoluzione.

La complessità della legge affonda innanzitutto nell’interpretazione che la nostra cultura dà del termine rifiuto.

Bisogna distinguere, infatti, fra rifiuto e sottoprodotto.

Una distinzione sottile

Comunemente, siamo abituati a intendere un qualunque scarto del ciclo di lavorazione come rifiuto.

Questo perché, culturalmente, siamo legati a un’idea di economia per la quale un bene di consumo, nel momento in cui diventa uno scarto, viene definitivamente abbandonato.

La linea di demarcazione fra rifiuto e sottoprodotto sta nella volontà, da parte del detentore, di riutilizzare tale materiale.

Il sottoprodotto

In effetti, secondo quanto riportato dalla parte IV del D. Lgs 152/06 (Testo unico ambientale):

I materiali e le sostanze di cui il detentore si disfi, abbia intenzione di disfarsi o abbia l’obbligo di disfarsi, rientrano nella definizione di rifiuto

Il sottoprodotto è quindi qualcosa per cui l’impresa manifesti espressamente la volontà di riutilizzo e commercializzazione.

I requisiti a cui deve rispondere il sottoprodotto

Non è assolutamente necessario che questi scarti derivino dall’attività principale dell’azienda; ma possono concernere anche rami produttivi secondari.

Il requisito principale, come detto, è la volontà del titolare di impiegare lo scarto per un secondo uso.

Tuttavia è necessario che risponda anche a questi particolari requisiti:

  • Abbiano origine da un processo che non abbia come unico fine la produzione;

  • Il loro impiego deve essere individuato preventivamente, già durante la fase di produzione;

  • Presentino caratteri merceologici e di qualità ambientali che rendano il loro impiego non dannoso per l’ecosistema;

  • I caratteri di cui sopra non devono essere ottenuti tramite processi di trasformazione preliminari, bensì presenti sin dal momento della loro produzione;

  • Devono possedere un valore economico di mercato (intrinseco alla loro possibilità di essere utilizzati).

Una normativa molto complicata e che va, quindi, valutata con molta attenzione.

Alcuni aggiornamenti importanti

Il Parlamento Europeo ha introdotto recentemente alcuni importanti aggiornamenti:

  • Riguardo ai trattamenti di trasformazione a cui possono essere sottoposti gli scarti, la normativa esclude solo quelli che esulino dai processi industriali;

  • Quanto all’utilizzo dello scarto, non viene posto alcun limite cronologico né tecnologico;

  • L’impiego dello scarto non viene più inteso in senso integrale: risulta possibile acquistare il prodotto soltanto in parte, mentre la parte invenduta potrà essere intesa unicamente come rifiuto.

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